Il teatro è l’elemento protagonista dell’esperienza scolastica della scuola waldorf poiché l’espressività del bambino e ragazzo poi, viene tenuta in alta considerazione. Fin dai primi anni scolastici, infatti, si offre agli alunni l’opportunità di recitare, declamare poesie, presentare argomenti di studio, realizzare ritmi con parole e movimento e tutto questo davanti ad alunni di altre classi, parenti e maestri. Far teatro serva a vincere ostacoli interiori, vincere la timidezza ed entrare in mondi nuovi, personaggi, linguaggi nuovi e ricercati.
Per recitare bisogna superare i propri limiti e identificarsi in un “ruolo” attraverso la fantasia interpretativa con il linguaggio di tutto l’essere, attraverso la memoria (parte intellettiva) il sentimento (parte animica) e il movimento (parte volitiva). Inoltre, recitando insieme, bambini e ragazzi sviluppano il senso sociale, la possibilità alla collaborazione, all’unione, all’amicizia; essi non guardano solo se stessi ma dirigono la loro attenzione al gruppo intero realizzando gioiosa armonia. È con questo intento che noi maestre di VI e VII classe abbiamo voluto far cimentare i ragazzi delle due classi con una piccola ma significativa recita che parla della nascita di Roma e precisamente del rapimento delle Sabine. Si tratta del tema centrale del piano di studi della VI classe e cioè lo studio della civiltà di Roma, dell’allontanamento degli uomini dal mondo degli Dei poggiando sulle forze propriamente umane (tema studiato l’anno passato della odierna VII classe ed ormai interiorizzato).

I romani sono stati i portatori di una nuova facoltà originata da una grande volontà che si è espressa attraverso “l’Anima Razionale”. Il cittadino romano non intendeva sviluppare la filosofia, l’arte, la scienza come lo aveva fatto l’uomo dell’antica Grecia, egli puntava ad esercitare la propria personalità per il bene della collettività. I romani furono uomini coraggiosi, devoti e pronti al sacrificio, fedeli e sempre al servizio di Roma. Attraverso lunghi e drammatici contrasti essi riuscirono ad ottenere l’istituzione di un codice di leggi scritte, incise su 12 tavole di bronzo all’inizio, ed elaborando man mano una vera scienza del DIRITTO. I romani credevano nel governo delle leggi “Lex Publicis” e molte di esse sono giunte fino a noi e tuttora siamo sotto la loro narrativa.
Tutto ciò ci dà l’immagine del ragazzo di 12-13 anni che, come sappiamo, ripercorre le tappe evolutive dell’umanità. Si tratta cioè di un ragazzo che vuole conoscere il mondo fuori di sé, conoscere le leggi, quelle fisiche terrene, quelle che lo fanno crescere, alzare e rafforzare nella verticalità, allungando e rafforzando la spina dorsale. I ragazzi a questa età fanno domande e vogliono risposte vere, precise, chiare; a volte o spesso scherzano, giocano o si azzuffano, ma per misurarsi, per conoscersi e conoscere le reazioni degli altri.
Il teatro è sicuramente un’opportunità e loro la colgono completamente e i maestri devono accompagnarli ed anche placare i loro eccessi, i loro impeti, le loro manifestazioni ed ammirare le loro bellezze.
Eccoci qui, nella baraonda, nella frenesia del lavoro teatrale tra abiti di scena, corone, mantelli, spade e ragazzi presi dalla frivolezza dell’età. A volte nei cuori dei maestri si annida lo sconforto, l’incertezza nei risultati, eppure arriva il giorno della rappresentazione, i ragazzi devono presentare agli spettatori le loro fatiche, i loro pregi, le loro conquiste e… Avviene una “magia”, tutto il disordine, tutto il chiacchiericcio, tutta l’irruenza si spegne, ognuno è concentrato e serio, preso dal desiderio e dalla volontà di far bene, di dare il meglio di sé. E via…si comincia, e che stupore!!! Ognuno ricorda ogni parola, ogni frase e rappresenta completamente il suo personaggio: sembrano ROMANI! Evviva si ride!! Gli spettatori applaudono e ridono per le scene buffe, che clamore!!! BRAVI RAGAZZI
Maestra Anna D’Alessio
